Cesare Liaci, il direttore artistico ci racconta del Sei Festival

Sta per partire la sedicesima edizione del Sei Festival dal 28 al 31 luglio. Con il claim #ShapeTheFuture, simbolo di futuro, condivisione e ripartenza dopo gli anni bui legati alla pandemia. Terra di sole, musica e calore, è il Castello Volante di Corigliano d’Otranto la sede principale del Sei Festival; mentre Piazza Libertini a Lecce e il Parco Gondar di Gallipoli, sono le location scelte per le consuete date del Sei Off. Un cast ricchissimo e variegato, con i concerti di Pixies, Ditonellapiaga, Psicologi, Venerus, Mace, Arab Strap, Black Midi, Dengue Dengue Dengue, Mundial, Pop-X, Bnkr44 e molti altri. A raccontare il festival è Cesare Liaci, il direttore artistico del Sei Festival.

Ciao Cesare, inizierei chiedendoti dell’emozione nel riproporre in una situazione di quasi normalità il Sei Festival dopo gli ultimi anni di pandemia?

«Si torna alla quasi normalità, anche perché il Covid c’è ancora e morde alle caviglie. Tuttavia, rispetto all’anno scorso o quello precedente ancora, torniamo a non avere più problemi di capienza e torniamo a vedere un concerto in piedi, che poi è la nostra dimensione naturale. Questa situazione ci rincuora molto, anche perché possiamo tornare a fare bene il nostro lavoro e a fare quello che ci piace e ci emoziona».

Un cartellone ricco di nomi, dagli Arab Strap a Ditonellapiaga, passando per i Pixies, Venerus, Mace e tanti altri. Come nasce un cast così variegato e trasversale?

«Il nostro è un festival di ricerca, che strizza l’occhio al passato, ma guarda anche al presente e spesso al futuro. Le scelte che facciamo sono legate innanzitutto da un nostro gusto personale e poi, soprattutto, da quello che pensiamo possa essere una proposta differente o alternativa. Cerchiamo sempre di scoprire nuovi talenti e di provare a promuovere il territorio attraverso la musica».

Sei Festival
Locandina Sei Festival

Il claim del festival è #Shapethefuture. Ma come mai questa scelta?

«Abbiamo capito in questi due anni che soli, ci sentiamo molto più poveri. Condividere il futuro, per noi, vuol dire mettersi in gioco. Provare a guardare avanti, ma insieme. All’interno del Sei Festival, oltre al lato musicale, portiamo avanti tutta una serie di azioni che ci permettono di poter immaginare insieme il futuro. Con le varie scuole, università e conservatorio di Lecce, proviamo a far conoscere ai ragazzi dei percorsi, che possono diventare anche percorsi lavorativi. Cerchiamo di formarli e di far capire loro, che nel futuro ci possono essere anche nuovi ruoli e nuove modalità di lavoro. Insomma, è un voler guardare avanti con una nuova spinta propulsiva e mettendosi alle spalle tutto quello che è successo. Condividere gli obiettivi e pensare ad un futuro più roseo».

Da Corigliano D’Otranto a Lecce e Gallipoli. Tre location che rappresentano il cure del Salento e del sud Italia…

«Il Castello di Corigliano D’Otranto si presta ad un determinato tipo di spettacolo e da un certo tipo di attività culturale. Architettonicamente è tutto meraviglioso ed è anche un bel modo per promuovere il territorio e cercare di attrarre anche qualche turista curioso. Stessa cosa per la Piazza Libertini al centro di Lecce, affianco al castello di Carlo V, che è la piazza principale della città. Poi c’è Gallipoli, con il palco Gondar, un luogo paesaggistico meraviglioso, un posto suggestivo in riva al mare».

Pixies
Pixies

Questo è uno dei grandi eventi estivi del sud Italia. Ma quanto sono importanti questi eventi per il territorio e per la musica?

«È importante nella misura in cui c’è un pubblico curioso. Nulla è per sempre, ma è importante che ci sia finché c’è. Il giorno che non ci sarà più, sarà per un motivo. Noi andiamo avanti perché pensiamo che sia necessario, quando non lo sarà più, non ci sarà più. L’importanza è quella che diamo noi alle cose, non quella intrinseca delle cose in sé».

Arrivati alla XVI edizione, qual è l’obiettivo che si pone oggi il Sei Festival?

«Il nostro obiettivo principale è quello di tramandare un festival importante alle prossime generazioni. Mi auguro che nei prossimi anni non saremo più noi della vecchia guardia a organizzare l’evento. Ma che ci sia una nuova generazione che, attraverso lo #Shapethefuture, riesca a portare avanti questo progetto innovativo, visionario e mai uguale a se stesso. Quello che mi auguro per il futuro del Sei Festival è di guardare sempre avanti».

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