Chiara Vidonis è una delle grandi voci emergenti della musica italiana. Una cantautrice, che canzone dopo canzone, mette in mostra tutta la sua classe e il suo grande talento. Con “La fame” (FioriRari / distr. Believe) – il suo ultimo progetto – la Vidonis propone un disco da ascoltare e riascoltare più e più volte, dalle note autobiografiche e che fa vedere – attraverso gli otto brani presenti – tutta la grinta, la vocalità, l’innata dote artistica e la fame della giovane cantautrice triestina. Ricco di sfumature, amore, contemporaneità nelle sonorità e intimità, “La fame” è uno di quei progetti intriganti da non lasciarsi sfuggire e che certifica – come se ce ne fosse bisogno – il talento e la crescita di Chiara Vidonis dopo il folgorante esordio nel 2015. A raccontare de “La fame”, l’album prodotto da Karim Qqru (The Zen Circus), la stessa Chiara Vidonis.
Ciao Chiara, innanzitutto come stai?
«Ciao! Sto bene grazie».
“La Fame” è il tuo secondo album. Cosa ci puoi dire di questo progetto?
« “La Fame” è un disco a cui tengo molto, mi sono presa il mio tempo per pensare ai brani che volevo lo componessero, non ho avuto fretta di pubblicarlo, sono infatti passati 7 anni dal primo disco. Ho cercato di percorrere una strada nuova rispetto al primo disco, non perchè volessi distaccarmene, ma perchè ho bisogno di sentire di fare qualcosa di nuovo, di non ripetermi nella mia musica per quanto possibile. Vado molto orgogliosa del mio primo disco e non volevo che il secondo ne fosse una copia. Per la produzione mi sono affidata a Karim Qqru, tra le altre cose batterista degli Zen Circus. Abbiamo iniziato a lavorare al disco nel 2019 e mi sono fidata della sua visione. Mi ha detto “non aver paura di prendere direzioni diverse da quelle prese fin’ora” e così ho fatto».
Quando hai capito che queste erano le canzoni giuste per questo album?
«L’ho capito quando ho sentito che tutti i brani mi dicevano qualcosa di importante, che raccontavano storie che erano uno stimolo per me, per il mio miglioramento come essere umano, che vorrei fosse una costante nella mia vita».
Cos’è per te “La fame” che canti nell’album?
«La fame è tante cose diverse tra loro. C’è la fame del fisico e la fame dell’anima. Entrambe possono essere nutrimento buono, spinta evolutiva, ma possono anche essere mero ingurgitare cibo e concetti che portano più a una bulimia che ad un nutrimento sano. Bisogna saper riconoscere qual è la fame che ci governa e non esserne schiavi».
Un brano che mi ha intrigato è “L’inizio”, dove tratti il tema dei social attraverso una serie di cliché, ma qual è il tuo rapporto con i Social?
«Uso i social con la sensazione di essere sempre un passo indietro rispetto a dove i social mi chiedono di essere. La comunicazione attraverso i social è immediata, diretta, molto sfacciata, ci chiede di essere sempre presenti anche quando non abbiamo nulla da dire. L’assenza dai social ti punisce, sono pochi gli artisti che possono permettersi di non essere sempre presenti. E’ comunque un meccanismo dal quale fuggo, non mi interessano le conseguenze di questa scelta ma preferisco mantenere una comunicazione meno presente ma sicuramente più simile a me».
In “La mia fame” forse troviamo il brano che più di tutti rappresenta l’album. È anche quello che più rappresenta la tua fame oggi?
«E’ quello che rappresenta la fame che vorrei. La fame bella che ti fa venir voglia di conoscere una persona senza avere la fretta di avere tutto e subito. Una fame che non crea una dipendenza, ma una fame che sia conoscenza reciproca per la voglia di nutrirsi l’uno dell’altro giorno dopo giorno, di scoprirsi piano in una storia che si evolva e non si esaurisca nel piacere effimero di un’ abbuffata».
Un altro brano che mi ha incuriosito è “Come sassi”. Tra la “croce sul cuore”, il “mea culpa” e la speranza che “arriverà qualcuno che ci salverà”, trovo una critica sociale alla religione. È un brano che nasce da qualche tua esperienza diretta?
«Io ho avuto, come molti in Italia, un’educazione cattolica, non integralista, anzi, molto distratta, come fosse un qualcosa che devi fare perchè così si fa. Molto a che fare con la superstizione, poco con la spiritualità vera. Chiesa la domenica, poche spiegazioni, molte prediche, poco supporto, molto senso di colpa. Mi sono liberata con fatica di tutti i pesi che la religione, per come io l’ho vissuta, mi ha lasciato. Credo che la religione debba essere un aiuto, un supporto agli esseri umani, non un insieme di imposizioni decontestualizzate e molto complesse da comprendere senza una guida. Io non ho avuto una guida spirituale ma sicuramente molte persone che si sono prese il diritto di dirmi cosa era bene e cosa era male, lasciandomi sola. Negli anni ho scoperto che quasi tutti i miei amici con esperienze simili hanno vissuto questo senso di abbandono nella religione».
Dopo quest’album qual è il tuo prossimo obiettivo?
«Quando si pubblica un album non si esaurisce l’obiettivo legato a lui…anzi. Il disco diventa di tutti e l’obiettivo quindi è quello di poterlo portare a più persone possibile con live, promozione e tutto il resto».
Foto copertina – Ph. Damiano Tommasi