“Road to Meraviglie” è il viaggio che quest’estate (e che durerà ancora fino al 24 settembre ndr.) Stefano Bini ci ha regalato. Un’avventura fatta di sapori, tradizioni, arte e cultura. La Lombardia e la Toscana, le regioni che fanno da sfondo, raccontate con passione, sentimento, energia ed empatia. Un viaggio in quei territori inesplorati, un biglietto da visita per i turisti a ricercare il bello anche nei piccoli centri e nelle esperienze più tradizionali. Storicità, identità e veridicità, in un programma che racconta quei percorsi e quelle attività da non dimenticare. Ad accompagnare Stefano Bini in questa avventura, anche Mariastella Giorlandino e Ileana Antonini, più le persone del luogo, dallo chef della zona di riferimento alla guida del territorio, per un racconto autentico e appassionante. A raccontare il programma “Road to Meraviglie”, lo stesso Stefano Bini, autore e conduttore del programma in onda ogni domenica su Rai Premium e in contemporanea su Rai Play alle 14:00.
Ciao Stefano, partiamo subito da questo tuo programma “Road to Meraviglie”. Come nasce l’idea?
«L’idea è nata dal voler raccontare la Toscana, la regione che mi ha visto nascere e la Lombardia, la regione che mi ha adottato e soprattutto, raccontare i piccoli centri. Raccontando il territorio, le identità culturali e dando anche dei consigli nutrizionali. Abbiamo cercato di scavare nella storicità di quei luoghi e nelle ricette, cercando di fare un programma per famiglie e strizzando l’occhio anche verso le persone più giovani. Insomma, abbiamo provato a fare un programma per tutti, unendo tradizione e identità».
Un racconto fresco, giovanile e carismatico. Un qualcosa di quasi inedito per la tv, può essere questo uno dei punti di forza di “Road to Meraviglie” ?
«Certamente! Abbiamo cercato guide e cuochi giovani che sapessero raccontare le tradizioni in modo fresco e preciso. Abbiamo cercato persone giovani che raccontassero con un linguaggio adatto a tutti l’antichità, la tradizione, la cultura, l’identità, l’autenticità e la storicità di tutti quei borghi visitati. La volontà, è quella di utilizzare un linguaggio giovanile, ma sempre attento e preciso. Anche la mia conduzione tende ad essere giovanile, esuberante e trascinante, senza scalette e imposizioni. Vogliamo essere precisi e attuali, ma intrattenendo il pubblico».
Cosa ti ha insegnato questa avventura televisiva?
«Che non si finisce mai di conoscere l’Italia. L’Italia è storia, cultura, passione, amore, cucina e tradizione. L’Italia è un paese da scoprire, mi meraviglia sempre la sua bellezza».
La prossima puntata sarà ambientata a Grosseto, immagino che per te avrà un sapore speciale realizzare la trasmissione in questa città?
«Ho un legame importante con Grosseto, anche perché è la città dove sono nato e dove ho vissuto per 18 anni. Grosseto è importante perché mi ha visto nascere ed essendo una città di 80 mila abitanti, è l’unica città che tocchiamo con il programma. Gli altri infatti, sono tutti borghi piccoli o medi. L’ho voluta osannare con due piatti della tradizione come i Pici e il Tortello e con due chiese della provincia che neanche io conoscevo. Ho voluto scavare nella cultura nascosta di Grosseto. Sarà una puntata emozionante».
Parlando di te: tanta è la gavetta, ma c’è un’esperienza che più di tutti porti nel cuore e che ti ha insegnato tanto?
«Il programma “Community” in onda su Rai Italia (il canale Rai per gli italiani all’estero ndr.) e che ho condotto. È stata un’esperienza importante per me, con una conduzione negli studi e con un pubblico grande a seguire. È stata una grande palestra e ha fatto da volano per le mie conduzioni. La gavetta mi ha insegnato tanto».
C’è un conduttore a cui ti ispiri o dal quale prendi spunto?
«Credo che l’originalità sia la cosa più importante per questo mestiere. Ci nasci conduttore e non c’è raccomandazione che tenga. Io cerco di essere Stefano Bini, con la mia personalità e la mia conduzione. Ho lavorato tanto per questo e voglio portare me stesso, non una copia sbiadita. Poi, ovviamente, ci sono stati dei conduttori importanti per me, dei miti televisivi come: Raimondo Vianello e Cristina D’Avena. Però, non mi sono ispirato a nessuno. Ogni conduttore deve avere la sua personalità».
È un monito anche alla nuova generazione di conduttori?
«Certamente e questa è la spiegazione della nascita di meteore televisive, radiofoniche e musicali. Tutti vogliono emulare altre persone. Certo, si può prendere spunto, ma l’originale sarà sempre meglio».
Da esperto del settore, qual è lo stato di salute della tv secondo te?
«Possiamo pensarla attraverso due giudizi separati, anche se vicini in realtà: in primis, penso che lo stato di salute sia buono, anche perché la televisione Italiana la considero la migliore al mondo e offre di tutto: documentari, fiction, intrattenimento, sport, musica, coking show, reality, informazione ed emozioni. È forse l’offerta più vasta al mondo. Puoi scegliere attraverso ogni tipo di canale o piattaforma. Nell’altra direzione, l’aumento di televisioni e piattaforme ha portato ad una divisione degli ascolti e degli introiti economici e pubblicitari e questo ha portato ad un uso minore degli investimenti e ad un impoverimento della qualità degli show e dei programmi televisivi».
In conclusione: ci sarà una nuova stagione?
«Ci sono arrivate richieste da tante regioni, quindi penso e spero di sì. Lo spirito del programma è arrivato e i dati di ascolto sono in linea con la fascia. I dirigenti Rai del Daytime sono soddisfatti. Comunque, vedremo quello che sarà, ai posteri l’ardua sentenza».