Il tempo scandisce da sempre le nostre vite e ci fa capire in continuazione l’importanza delle piccole cose, ma il tempo può anche condizionare il nostro modo di percepirle? Da questa semplice domanda, parte il pensiero e il lavoro di Renato Caruso, musicista, chitarrista, compositore e sognatore. Una carriera al fianco dei più grandi artisti e una passione per la scienza, che ne influenza anche la musica. “Thanks Galilei”, l’ultimo album, è un manifesto sul relativismo musicale (concetto tanto caro a Galilei e Einstein) e di come il tempo possa influenzare l’ascoltatore e la sua percezione della musica. Un brano suonato in diversi orari, che scandisce il tempo e regala un ascolto sempre nuovo. Tra emozioni e variabili, la nostra intervista a Renato Caruso
Ciao Renato, come stai dopo l’uscita di questo progetto?
«Sto bene, anche perché il nuovo disco è in promozione e quindi non mi posso lamentare (ride ndr.)».
Progetto in promozione che prende il titolo di “Thanks Galileo”, un progetto ambizioso e alquanto particolare, ma come nasce?
«Nasce dai miei voli pindarici sulla scienza e sulla musica. In realtà non so neanche io bene com’è nato, ho voluto fare un tentativo, una sorta di esperimento e ho voluto mettere in musica, quello che gli impressionisti hanno fatto nella pittura. La scienza, la fisica, Galilei, Einstein e il tempo, sono cose così dentro di me che alla fine doveva emergere».
Un progetto musicale legato alla scienza, ma non sei nuovo a queste cose…
«Avevo già provato con un’altra teoria, infatti avevo realizzato un progetto con un miscuglio di diversi generi: Il “Fujabocla”, dove mettevo insieme il Funky, il Jazz, la Bossanova e la Classica. La direzione per me e per la mia musica era quindi questa contaminazione. Però, sentivo che mancava un pezzo, mentre prima spezzavo la musica nello spazio, con questo progetto ho voluto spezzare la musica nel tempo. La chiamo relativismo musicale, prendendo spunto da Einstein e Galilei».
Tu dici che: “Galileo Galilei parlava di relativismo in quanto il movimento dipende dall’osservatore, per me la musica dipende dall’ascoltatore: questo è ciò che definisco relativismo musicale”. Quindi questa variabile di tempo influenza più chi ascolta?
«Il tempo influenza lo stato d’animo delle persone, quello che percepiamo in un dato momento sarà diverso dalla percezione che avremo in un secondo momento. Nonostante siamo sempre gli stessi, siamo persone differenti. La musica, i colori e le persone, le percepiamo in modi diversi. Io mi sono fatto una domanda: “perché ascolto una musica la sera e non mi piace, la riascolto la mattina e invece mi piace?” La musica è sempre quella, ma cambia l’orario in cui l’ascoltiamo, cambia il tempo e in qualche modo quindi cambiamo noi. Forse era più giusto chiamarlo momentismo musicale, ma non mi piaceva come suonava. La musica ha importanza, ma non quanto il tempo».
Questa concezione del tempo, si può utilizzarla anche per i giorni, i mesi e gli anni o solo per scandire l’umore della giornata?
«Certamente! Anche perché l’umore cambia con il variare dei giorni o delle settimane e così cambia anche la nostra percezione della musica. Lo scorrere del tempo è la chiave».
Provocatoriamente: questa potrebbe essere anche la spiegazione per cui le generazione precedenti non capiscono la nuova musica e viceversa?
«Assolutamente sì! Il tempo è tutto e il tempo ti fa capire anche tante cose. L’esatto momento è fondamentale per capire e accettare delle cose. Ora, noi stiamo ampliando il discorso, ma il tempo è tutto e nella musica è ancora più importante».
Il brano all’interno del progetto, è suonato in diversi momenti della giornata, ma secondo te: c’è un orario migliore per ascoltare questo singolo?
«Non c’è un orario o una verità assoluta, ma ognuno percepisce in modo diverso. Ogni persona è diversa e vive la giornata in modo diverso».
Hai suonato con tantissimi big della musica italiana, immagino che anche quegli incontri siano legati al tempo e al momento?
«Tutta la nostra vita è fatta di momenti e attimi. Basta poco per cogliere o perdere delle opportunità. Anche in questo caso il tempo diventa essenziale, bisogna essere al posto giusto e al momento giusto».
Come si propone live un progetto del genere?
«Sicuramente lo dovrò spiegare, poi magari farò un concerto che durerà un’intera giornata (ride ndr.). Questo è un progetto quasi filosofico e forse una provocazione anche ad un sistema musicale che prevede l’arte solo come consumo».
La tua estate musicale come sarà?
«Sul mio sito ci sono già delle date, ma il calendario si aggiornerà. Non staremo fermi, poi farò anche dei seminari nelle scuole».
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